La conca dell’Alpago è un luogo nel Bellunese ideale per la pastorizia. Si trova nei comuni di Alpago, Chies e Tambre, con una lunga tradizione fin dal secondo dopoguerra. L’Alpago è anche il nome di una razza ovina autoctona di taglia medio-piccola. Ha una maculatura scura sulla testa e sulla parte inferiore degli arti, dal mantello folto, fine e ondulato che la ricopre totalmente, dal ginocchio e dal garretto fino alla regione frontale.
Oggi l’alpagota è allevata quasi esclusivamente per l’ottima carne: saporita, tenera e compatta allo stesso tempo, può reggere il confronto con i più celebri pre-salé d’oltralpe. Gli agnelli migliori sono quelli macellati a 55, 65 giorni dalla nascita e con un peso da vivi di 18, 25 chilogrammi.
L’agnello d’Alpago ha una carne tenerissima, che si sfalda in bocca, un giusto equilibrio di grasso-magro, sensazioni che non sanno mai di selvatico, al limite di erbe aromatiche. È perfetto anche in abbinamento ai piatti poveri della tradizione locale come la patora, zuppa di mais e legumi, oppure la bagozia, una sorta di polenta fatta con patate, mais, legumi e anche salame e pancetta.
Un disciplinare, sottoscritto dagli allevatori dell’Alpago riuniti nell’associazione Fardjma, Presidio Slow Food, si propone di tracciare alcune linee guida fondamentali per allevare l’agnello in modo da ottenere carni di alta qualità. Come sempre, l’alimentazione naturale è indispensabile per ottenere carni eccellenti: allevamento allo stato brado, con alimentazione a base di foraggio di prato, oppure semibrado con l’integrazione di fieno prodotto in loco e sfarinati di cereali.